
Un mondo a colori con lo sguardo di Maurizio Cattelan
28 February 2025
Ha inaugurato ieri Chromotherapia. La fotografia a colori che rende felici, a cura di Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé, da oggi al 9 giugno aVilla Medici. Esposte fotografie del XX secolo di diciannove fra autori e sigle che descrivono un mondo saturo di cromie. Tra i nomi rappresentati: Miles Aldridge, Erwin Blumenfeld, Guy Bourdin, Martin Parr, Pierre et Gilles, Toiletpaper(sigla che include lo stesso Cattelan e Pierpaolo Ferrari).
Villa Medici L’artista e SamStourdzé curatori della mostra fotografica Chromotherapi. Un universo sgargiante, audacissimo, dove tutto—colori, soggetti, allestimento, cornici quando ci sono—flirta di continuo con il cattivo gusto, ma con la consapevolezza (e l’ironia) che ridondanza, eccessi e straniamenti, se saputi usare, posso diventare Stile (con la esse maiuscola).
E lo sa bene Maurizio Cattelan, artista tra i più acclamati a livello mondiale, protagonista, stavolta come curatore e insieme al direttore dell’Académie de France Sam Stourdzé, della mostra Chromotherapia. La fotografia a colori che rende felici, inaugurata ieri a Villa Medici, illuminata di rosa, alla presenza dell’artista in abito color confetto. Un’antologica con 19 artisti o sigle (alcuni sono dei duo), celebri o meno, viventi e non, con qualcosa in comune. I loro nomi: Miles Aldridge, Erwin Blumenfeld, Guy Bourdin, Juno Calypso, Walter Chandoha, Harold Edgerton, Hassan Hajjaj, Hiro Ouka Leele, Arnold Odermatt, Ruth Ginika Ossai, Martin Parr, Pierreet Gilles, Alex Prager, Adrienne Raquel, Sandy Skoglund, Toiletpaper, William Wegman, Madame Yevonde. E il filo rosso (rosso fuoco, cardinalizio, comunque vivo) che li lega è aver usato il colore nelle loro immagini: giallo ultra-limone, blu super-intenso, arancione stra-brillante, rosa shocking in un modo dove però tutto è…shocking.
Una mostra dal forte carattere autoriale, che si distingue nettamente dal consueto panorama espositivo e dove ancor più che le singole immagini o le singole voci selezionale nel percorso, vale l’insieme, il coro (dissonanze comprese). La rassegna, e il libro che l’accompagna, ripercorre una storia, giocoforza parziale, della fotografia a colori lungo il XX secolo. Con un itinerario ritmato in sette sezioni che trasportano il visitatore in un mondo saturo di cromie, senza mai dimenticare pensiero e riflessione. «Raramente presasul serio— si legge nella presentazione— la fotografia a colori ha in realtà permesso ai fotografi di sbizzarrirsi. Sono in tanti a essersi liberati dai vincoli documentaristici del mezzo fotografico per esplorare le comuni radici dell’immagine e dell’immaginario, flirtando con il pop, il surrealismo, il bling, il kitsch e il barocco».
È del 1907 il primo procedimento fotografico industriale a colori, l’autocromia dei frères Lumière. I curatori sono partiti cronologicamente un po’ dopo per arrivare all’oggi (c’è anche il duo Toiletpaper, lo stesso Cattelan e Pierpaolo Ferrari). Nel mezzo, la narrazione visiva di una realtà-iperrealtà: aumentata, disturbata, a tratti folle, spesso divertente ma anche inquietante, dove ignorando la rituale eleganza del bianco & nero tutto, ma proprio tutto— dai cibi del cantore della bulimia moderna, Parr, agli incidenti del fotografo-poliziotto Arnold Odermatt— va in overdose. Da ipercromia.